Array RAID: quali sono, come sceglierli e perchè
Visto che parliamo di array RAID (metodi di organizzazione dei dischi di bordo) è meglio chiarirne la natura fin da subito e, così, vi si presentano quelli più comuni:
a. RAID0
b. RAID1
c. RAID5
d. RAID6
e. RAID10
f. SHR1
g. SHR2
h. JBOD
Dove i punti f/g/h sono declinazioni particolari del RAID cosiddetto “classico”. Internet è piena di posti dove si spiega assolutamente in dettaglio come il tutto riesca a funzionare, qui si semplificherà il più possibile, ed inoltre si rammenta la necessità di usare dischi simili tra loro per la composizione di quanto sopra pena la perdita di spazio sfruttabile.
Il RAID0 (punto a) è il RAID dove si possono assiemare più dischi assieme per creare una sorta di SuperVolume più prestante e più capiente che però soffre del fatto di non avere un volume di sicurezza e così, in caso di rottura di uno degli HDD/SSD inseriti a bordo, perderete tutti dati del volume.
Di base può essere comodo all’interno di macchine particolarmente prestanti, come Zeus 1.0, e per questo ne abbiamo toccato uno formato da 4 elementi WD Red da 3 TB cadauno, come visibile QUI, tuttavia dietro connessione LAN tradizionale (vedremo più sotto la quantità di porte) non si riesce a sfruttare appieno la banda che si viene a rendere disponibile (sui 120 MBps per 1 Gbps): considerate che in caso d’uso di soluzioni SSD come il Kingston V300 che impiegheremo come dischi di sistema, s’ha una velocità superiore ai 450 MBps per singolo disco (decisamente superiore se si forma un RAID0). Risulta palese il fatto che dietro connettività di rete tradizionale non ha molto senso tale array perchè conserva i tradizionali punti negativi e non permette di sfruttare i lati positivi.
Nella maggior parte dei casi, quindi, consigliamo il JBOD se si desidera massimizzare lo spazio di archiviazione presente a bordo.
Il RAID1 (punto b) è il sistema più conservativo perchè fa il mirroring di un disco sull’altro, ha la necessità d’avere almeno 2 dischi abbinati della medesima capacità ma è dispersivo in termini di spazio memorizzabile: visto che per funzionare bisogna clonare un disco sul successivo si può affermare che usando il RAID1 si va a dimezzare lo spazio archiviabile a bordo.
Una volta, quando i dischi meccanici non avevano particolare affidabilità, aveva senso il suo impiego su larga scala (per dati sensibili ed importanti) mentre ad oggi si può puntare su un RAID5 (visti gli elevati MTBF, tempo medio prima della rottura, dei dischi) senza particolari remore.
Facciamo un esempio: un SSD Kingston garantisce 1.000.000 (un milione!) di ore di MTBF e ciò significa che, nella maggior parte dei casi, se parte funzionante allora camperà per un enorme quantitativo di giorni in continuum; se anche considerassimo metà di tale monte ore, come veritiero, potremmo far funzionare tale SSD per più di 50 anni.
Risulta lampante che già dopo 5/8 anni sarà necessario rivedere il proprio sistema di storage in quanto sarà rimpiazzabile con facilità per aumentare la capacità e la velocità d’insieme con l’extra, magari, di poter anche consumare meno energia e con l’occupazione di un minor volume fisico complessivo.
Il RAID5 (punto c) è quello che viene preferito da me e so essere molto apprezzato anche tra i miei contatti professionali e non, permette una buona capacità complessiva (servono un minimo di 3 dischi uguali di cui se ne perde uno per il controllo e la tolleranza alla rottura fisica già sopra menzionata) e dà pure buone prestazioni.
Potrete anche perdere un disco, ma non perderete i dati presenti a bordo del volume creato su questo array e guadagnerete qualcosa in termini di banda complessiva (soprattutto con dischi meccanici su connessione dual gigabit).
Il RAID6 (punto d) è come il RAID5 ma con doppia tolleranza al disk failure, potrete perdere fino a due dischi (il minimo per formarlo è 4 elementi identici) ma avrete un sistema solido e capiente (e.g. 10 dischi in RAID6 si riducono effettivamente a 8 sfruttabili) e leggermente meno prestante del RAID5 perchè c’è un maggior numero di letture.
Si devono avere un ottimo controller ethernet, valido controller Sata nonchè buona CPU -con RAM al seguito- per far sì che il RAID6 sia pienamente sfruttabile sotto connettività dual gigabit e questa necessità fa salire il prezzo d’acquisto che poi è l’aspetto negativo essenziale del RAID6.
Il RAID10 (punto e) è un array annidato ossia una combinazione del RAID1 e del RAID0.
I dischi sono di base abbinati tra loro in RAID1 (tollerano quindi il disk failure di 1 elemento su 2) e le risultanti entrano in unione sotto il RAID0, con lo stesso principio di cui sopra.
Si tratta, sicuramente, di una necessità molto di nicchia dove si cercano protezione e prestazioni che nel loro insieme sono comunque buone, con il rovescio della medaglia che la gestione del tutto si complica leggermente; essenzialmente RAID10 è preferibile al suo rovescio RAID01 perchè più robusto, tanto è vero che il RAID01 l’ho visto applicato solo una volta nella mia esistenza ed a fini strettamente di test, in laboratorio.
Qui non si pretende, sia chiaro, di trattare tutti i tipi di RAID esistenti ma si cerca di spiegare come usare quelli più utili e noti a chi ci legge.
Passiamo a questo punto ai sistemi più particolari come SHR1 e SHR2 (punti f/g) sui quali ho già dedicato qualche riga QUI.
Di base dovete pensarli come un RAID5 ed un RAID6 perchè ne mantengono le rispettive bontà, ma il nome Synology Hybrid RAID ne identifica l’uso essenzialmente all’interno di server NAS targati Synology e ne esprime, con Hybrid, la natura mutevole.
Solo con SHRx ha senso l’impiego di dischi diversi tra loro, perchè tali diversità (per questo finora abbiamo sottolineato la necessità di usare dischi con capacità IDENTICA) porterebbe ad avere dello spazio oggettivamente sprecato che SHRx riesce a convertire in volume usabile in altro modo.
Si veda il link riportato qualche riga sopra per una più ampia spiegazione senza costringermi ora ad un inutile copiaincolla; di default SHRx ha senso se possedete dischi eterogenei ma se avete la fortuna, o l’accortezza, di averli UGUALI allora vi anticipo che il nostro suggerimento è di puntare ai RAIDx di tipo tradizionale.
Chiudiamo questo stralcio con il JBOD (punto h) che alcuni NON classificano come RAID ma che io, per bontà di evitare complicazioni e perchè rappresenta comunque un sistema d’organizzazione dei dischi, reputo essere la via più facile per assiemare HDD/SSD.
Tale configurazione del volume può essere usata per massimizzare la disponibilità di memoria di bordo unendo le singole capacità dei dischi inseriti ed ha il lato positivo, inoltre, di offrire prestazioni leggermente migliori rispetto alle diverse tipologie RAID (soprattutto su elementi semplici ed economici) tuttavia NON ha la protezione dati; può essere dimensionalmente simile al RAID0 ma su quest’ultimo i dati vengono spalmati su tutti i dischi, mentre su JBOD sono scritti in modo sequenziale.
Nella pratica se si rompe un disco rigido e siete in JBOD andate a perdere i dati presenti in quell’unità, mentre se siete in RAID0 perderete l’intero SuperVolume.




